L’adattamento all’ambiente extrauterino è uno dei compiti principali che il bambino si trova ad affrontare alla nascita e durante i primi mesi di vita.

Il passaggio dalla pancia della mamma - ambiente caldo, protettivo e raccolto - al mondo extrauterino, richiede infatti un periodo di adattamento durante il quale il bambino impara a controllare il proprio sistema neurovegetativo, sistema deputato alla regolazione della respirazione, della circolazione, della termoregolazione, delle funzioni viscerali (digestive ed escretorie) e anche della stabilità percettivo-motoria (capacità di fermarsi e raccogliersi da solo nello spazio aperto e in presenza di percezioni sensoriali provenienti sia dall’esterno che dal proprio corpo).
L’attività di questo sistema indica infatti la soglia di “sensibilità” (intesa come eccitabilità) del sistema nervoso autonomo consentendoci di capire quanto il bambino sia in grado di adattarsi ai cambiamenti ambientali autoregolando le sue funzioni fisiologiche (1).

La stabilità del sistema neurovegetativo è fondamentale anche per riuscire a ri-organizzare e maturare le competenze del primo trimestre di vita come quelle neuromotorie (organizzazione posturo-motoria al centro del corpo, coordinazione occhio-mano-bocca, esplorazione tattile..), gli stati comportamentali e il passaggio da uno stato all’altro (sonno profondo/leggero, dormiveglia, veglia tranquilla/agitata, pianto), le funzioni alimentari-digestive ed anche quelle relazionali-comunicative (mimica, primi sorrisi, “chiacchere” con l’adulto, qualità dell’attenzione...).

I primi mesi nell’ambiente extrauterino sono quindi impegnativi per il bambino che può mostrare, in modo fisiologico, alcuni segni di instabilità neurovegetativa: per esempio può succedere che il neonato sussulti aprendo le braccia ed estendendo le gambine (“startles”) anche per piccoli rumori improvvisi o quando viene appoggiato sul piano del fasciatoio; oppure può accadere che abbia piccoli tremorini al mento o agli arti o faccia la pipì quando viene completamente spogliato e che la sua pelle diventi a chiazzettine reticolate rosse-violacee (“marezzatura cutanea”); anche il singhiozzo, i rigurgiti o un respiro talvolta irregolare possono essere segni di instabilità neurovegetativa.
Nel neonato nato a termine questi segnali di stress, se presenti, tendono a ridursi nell’arco dei primi tre-quattro mesi di vita (nel nato pretermine invece possono essere più accentuati e permanere più a lungo).

Riconoscerli può essere di aiuto al genitore per comprendere le situazioni che possono evocare piccole difficoltà in questo adattamento ed per introdurre, all’interno dell’accudimento quotidiano, alcune facilitazioni che sostengano il bambino a trovare equilibrio e sintonia nel “nuovo mondo” e a prepararsi alle competenze psicomotorie che maturerà nei mesi successivi (2).

Quali aiuti possiamo dare?
Poiché una delle difficoltà fisiologiche principali del neonato è fermarsi nello spazio aperto sottoposto alla forza di gravità e organizzare la propria postura, una delle facilitazioni più importanti che l’adulto può offrire (per tutti i bambini e a maggior ragione per quelli “instabili” ) è la modalità con cui il bambino viene tenuto in braccio e spostato nell’ambiente dall’adulto. Per aiutarlo a non “sperdersi” nel vuoto sarà importante tenerlo raccolto (come in posizione fetale) e muoverlo lentamente dopo averlo stabilizzato tra le nostre mani (3).

Questo vale anche per il piccolino che mostra difficoltà a fermarsi quando viene messo sul fasciatoio o sul letto per essere cambiato: in questo caso potrebbe essere utile adagiarlo su un cuscino molto morbido in modo che si senta avvolto e contenuto come in un nido. Cosa possiamo fare invece per il piccolo che cambia colorito cutaneo (si “marezza”) quando viene spogliato?
Per i bimbi “sensibili” anche solo il contatto dei vestiti è un confine che li fa sentire protetti: potrebbe perciò risultare di aiuto lo stesso cuscino morbido e spogliarlo/rivestirlo una parte alla volta.
E se si marezza e trema quando fa il bagnetto? Il passaggio "vestito-svestito-acqua" potrebbe essere poco tollerato dal bambino per la repentina variazione di temperatura: una volta spogliato, avvolgerlo in un lenzuolino o con un asciugamano nel passaggio dal fasciatoio alla vaschetta, togliendolo solo dopo averlo immerso nell’acqua (meglio se alta fino alle spalle), potrebbe aiutare a tollerare meglio il bagnetto e a godersi a pieno questa bella esperienza sensoriale e relazionale!

L’utilizzo di un lenzuolino per mantenere raccolto il piccolo (tecnica del wrapping*), sia in braccio all’adulto che nella sdraietta o durante i momenti del pasto, potrebbe essere una buona facilitazione per quei bambini che tollerano poco i cambiamenti di posizione o che “soprassaltano” anche in presenza di minimi rumori ambientali (quando si chiude la porta, al suono del telefono..); in questi casi sarà importante anche la regolazione dell’ambiente circostante evitando rumori forti, confusione di sottofondo e la proposta di troppe cose insieme.

* La tecnica del wrapping consiste nell’ avvolgere il piccolo (in modo non troppo stretto) in un lenzuolino o in una copertina leggera dall’altezza delle spalle fino ai piedini con le manine che restano vicino al viso come mostrato dalla figura sotto.

 


(Immagine tratta dal sito josna.wordpress.com)

A presto!
Cristina

Cristina Taddei, Dr.ssa in Fisioterapia – Specialista in Area Pediatrica
Web: cristinataddei.wordpress.com

Bibliografia

- La valutazione dello sviluppo psicomotorio nel primo anno di vita. G. Rapisardi. Medico e Bambino 1, 27-33,1999.
- Il bambino da zero a tre anni. T. B. Brazelton, Fabbri Editori, 2003.
- Marsupi, seggioline e affini: consigli per i genitori. A. Davidson et al.. Medico e Bambino 18, 301-306, 1999.

Immagine di testa tratta dal sito http://www.bebeco.co.uk/

 

Ritratto di Cristina Taddei

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