LA DIAGNOSI GENETICA PRENATALE

Il Dr Bizzoco risponde ai vostri quesiti su analisi genetiche e anomalie ereditarie.

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LA DIAGNOSI GENETICA PRENATALE

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La diagnosi prenatale è un complesso di indagini strumentali e di laboratorio finalizzate a monitorare lo stato di salute del concepito durante l’intera durata della gravidanza così da consentire l’individuazione di definite patologie di diversa origine (ereditaria, infettiva, ambientale ecc..)
I metodi utilizzati per la diagnosi prenatale possono essere grossolanamente distinti in:

METODI NON INVASIVI (ecografie, indagini biochimiche, test combinati)

METODI INVASIVI (villocentesi, amniocentesi, cordocentesi, fetoscopia)

Allo stato attuale i criteri guida, generalmente accettati, per l’accesso alla diagnosi prenatale invasiva sono i seguenti:

1.Età materna avanzata. La definizione di età avanzata varia a seconda dei centri dove viene di genetica effettuato l’esame, ma generalmente è almeno di 35 anni. La selezione di questa età è dovuta al fatto che a 35 anni il rischio di avere un feto con un’anomalia è approssimativamente uguale al rischio di aborto legato alla procedura invasiva. Tale rischio è diverso a seconda della procedura utilizzata

Villocentesi 2-3%
Amniocentesi 0,5-1%
Cordocentesi 2-4%


Va tenuto presente che tali percentuali, sono probabilmente sovrastimate, in quanto oscillazioni, anche sensibili, sono strettamente correlate con l’abilità, l’esperienza e la strumentazione dell’operatore. In genere vale il principio che più esami si eseguono e minori sono i rischi di aborto a seguito della procedura invasiva.

2.Precedente gravidanza con anomalia cromosomica de novo. Per esempio una donna di 30 anni con un precedente figlio con la sindrome di Down ha un rischio di ricorrenza di 1/100 contro 1/390 relativo all’età nella popolazione generale. Tale incremento nel rischio è,secondo alcuni autori, in parte spiegabile con un basso mosaicismo parentale criptico ma nella maggior parte dei casi non è noto il meccanismo che spiega questo rischio aumentato.

3.La presenza di anomalia strutturale in uno dei genitori . In questo caso il rischio va valutato in base al tipo di anomalia ereditata ed, alcune volte, a seconda dell’origine parentale.


4.La presenza di una storia familiare per una malattia diagnosticabile mediante analisi biochimiche o genetiche. Si tratta generalmente di anomalie in singoli geni che hanno un rischio di ricorrenza del 25 o 50 per cento (Fibrosi cistica, Distrofia miotonica, Neurofibromatosi, Talassemia alfa e beta, Anemia falciforme e molte altre ancora)

5.Malattia X-linked per la quale non esiste un test specifico. Quando non è disponibile un metodo alternativo, i genitori di un ragazzo affetto da malattia associata al cromosoma X possono utilizzare la determinazione del sesso per decidere di portare a termine o meno una gravidanza dato l’alto rischio di ricorrenza.


6.Rischio di difetti del tubo neurale. I parenti di primo grado dei pazienti con difetti del tubo neurale sono eleggibili per l’amniocentesi.

7.Screening su siero materno ed ecografico. Esami genetici ed ulteriori approfondimenti sono consigliati in donne in cui il rischio di anomalie genetiche si evidenzia in gravidanza sulla base di test di screening positivi (Bi-test, Tri-test o test combinati). Evidenze ecografiche riconducibili a determinate patologie genetiche possono essere indicazioni sufficienti per l’esecuzione di una procedura invasiva.

Queste riportate sono le più comuni indicazioni per l’accesso alla diagnosi invasiva prenatale. Situazioni particolari come gravidanze a seguito di fecondazione medicalmente assistita, la presenza di particolari patologie ecografiche che necessitano di tecniche genetiche particolari, particolare stato emotivo della gestante vanno valutate attentamente in sede di consulenza genetica. La consulenza genetica resta sempre il primo passo da compiere prima di decidere il ricorso a procedure invasive per analisi genetiche, molecolari o biochimiche in diagnosi prenatale.

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