Sulla depressione post-partum

La depressione post parto è una malattia subdola e grave, ed è un malessere sempre più frequente e silenzioso tra le neomamme. Parlarne e prendere atto che esiste è importante! Perciò parliamone insieme, non vergognamoci, chiediamo aiuto, perché se ne può uscire, se ne deve uscire.

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sarahbdm
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Sulla depressione post-partum

Messaggio da sarahbdm »

Dopo essermi consultata con le D&D ho ricevuto da loro l'autorizzazione ad aprire questo topic - che chiedo di importantizzare - nel quale parlare di questo spinoso argomento: la depressione post-partum.

Per esperienza personale ho notato che si evita accuratamente di parlarne sulle riviste, sui manuali, nei corsi pre-parto e anche qui su MOL. Se mai, qualche volta, capita di sentir dire qualcosa a proposito della baby blues: che è un fatto normale e che passa da solo in pochi giorni.
Qui invece vogliamo parlare della vera depressione, quella che se non viene curata non solo non passa, ma peggiora. Chi di voi, come me, ci è passata, sa bene di cosa si sta parlando.

Il rischio che si corre è di negare la realtà per timore di sentirsi mamme di serie B, perché non si sa gioire come si deve per il fatto di avere un bambino. Qui invece vogliamo dire che se anche la depressione non è diffusissima, però esiste, c'è chi ne soffre e queste persone devono sapere che:
- è capitato anche ad altre;
- ci si può curare ottenendo risultati in poche settimane;
- se ne esce!

Credo che la cosa migliore sia quindi che chi lo ritiene utile racconti qui la propria esperienza e sia pronta a rispondere alle domande di chi vuole saperne di più.

Vorrei solo aggiungere un paio di cose. Sarebbe opportuno evitare di inserire risposte di solidarietà, per evitare di andare OT. Secondo: io personalmente ho poche competenze mediche (ho dato alcuni esami di medicina, ma sono laureata in lingue) e nessuna psichiatrica e credo che così sia per molte. Quindi, ben venga l'indicare il tipo di cure e terapie seguite, ma si intende che non si possano suggerire farmaci e dosaggi e chi legge non deve assolutamente affidarsi al fai da te. Meglio ancora: chi fosse interessato ai farmaci usati, farebbe meglio a chiedere delucidazioni in MP, ricordando sempre che una cura, per riuscire, deve essere perfettamente calibrata sul soggetto da un medico competente.

Detto questo, passiamo alle nostre esperienze.

Vorrei segnalare due articoli apparsi sul n.2 di OK - La salute prima di tutto e su Donna Moderna del 24 giugno 2005: entrambi parlano della depressione post-partum, danno informazioni su centri per la diagnosi e la cura e suggeriscono alcuni libri scritti recentemente sull'argomento.

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sarahbdm
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Messaggio da sarahbdm »

E come è giusto, comincio io. Due volte mamma, due depressioni. Diverse le cause, ma il risultato è lo stesso.
Dopo la nascita di Chiara (prematura, di basso peso per l'età gestazionale), che è rimasta ricoverata in patologia neonatale per tre settimane, le prime avvisaglie le ho avute al terzo giorno. E' vero, potevo stare poco con lei, non potevo toccarla, non potevo abbracciarla, cullarla, cambiarla, nutrirla.
Sono state le infermiere della patologia a rendersi conto che ogni giorno che passava le mie crisi di pianto diventavano sempre più frequenti, il mio umore sempre più cupo, e questo nonostante Chiara migliorasse. Cosa provavo dentro di me? Innanzitutto senso di colpa per non aver saputo portare a termine la gravidanza, per aver dovuto subire un cesareo da un momento all'altro per sofferenza fetale da infarto placentare. Poi senso di incapacità ad occuparmi della bambina, soprattutto perché vedevo le infermiere così abili a cambiarla e nutrirla, così pensavo che avrebbe potuto benissimo fare a meno di me. Poi, una volta dimessa la piccola, angoscia al pensiero di dover continuare per sempre a somministrarle ogni due ore, per 12 volte, giorno e notte quei miseri 20/25 grammi di latte. Era come se il tempo dovesse fermarsi per sempre a quel periodo, come se non ci fosse speranza di miglioramento. Ora lo so, ma allora non me ne rendevo conto, che ero io stessa, con la mia ansia, a far sì che Chiara fosse sempre agitata, nervosa, che non dormisse se non per pochi minuti per volta.
Dopo un mese, sfinita dal sonno, dimagrita di 11 kg (mentre in gravidanza ne avevo messi su 6), una mattina, in lacrime, sono andata al reparto psichiatria dell'ospedale e ho chiesto di parlare con un medico. Mi ha ricevuta una giovane, gentilissima dottoressa che ha preso atto della mia incapacità decisionale e ha deciso di ricoverarmi alcuni giorni per un trattamento intensivo. Per tre giorni ho solo dormito, il quarto giorno mi sono risvegliata come da un incubo. Dopo colazione ho chiesto di vedere la bambina e mi hanno lasciata sola con lei per un'ora. Credo mi tenessero d'occhio in qualche modo, perché la mattina dopo la scena si è ripetuta e dopo due giorni mi hanno dimessa con la mia brava terapia. Per sei mesi ho continuato a prendere farmaci e ad andare prima ogni settimana, poi ogni due al colloquio con la "mia" dottoressa, finchè, quando Chiara ha compiuto otto mesi, ho sospeso terapia farmacologica e psichiatrica.

Quando è nato Davide, la storia si è ripetuta, anche se in maniera diversa. Per chi non sa, a 29 settimane sono stata ricoverata con forti dolori in ospedale. I medici pensavano a un virus intestinale, poi a un lieve distacco di placenta, poi chissà. Una decina di giorni dopo la diagnosi di epatogestosi. Nuovo ricovero, i medici mi dicono che è troppo presto, il bambino pesa solo 900 grammi, non ci sono praticamente speranze. Ogni mattina, quando arriva il risultato degli esami, mi aspetto che mi dicano che devono farmi subito il cesareo. Dopo una consulenza con un nefrologo e con un epatologo mi danno una terapia che comprende anche il cortisone, nel caso si debba anticipare il parto. Un gionro sì e uno no vado in ospedale: esami, tracciato, ecografia.
In qualche maniera, arriviamo a 37 settimane e Davide, che doveva nascere il 28 aprile, viene alla luce con nuovo TC la mattina del 6. Pesa 2.920 grammi. Sul momento è una festa: niente incubatrice, niente terapia intensiva, faccio il rooming in, lo attacco al seno. Ma lo stress delle otto settimane precedenti è in agguato e pronto a riscuotere il suo tributo. Una decina di giorni dopo la dimissione iniziano le crisi di disperazione, ma stavolta sono da subito gravi. Durante le notti insonni, sebbene Davide da subito abbia "rispettato" le pause notturne, l'angoscia che tutto si ripeta come con Chiara (le poppate eterne, la difficoltà di farlo mangiare, i pianti inconsolabili, i micro-sonni). Inizio a fare "brutti pensieri". Ho il terrore di fare del male al mio bambino, non voglio occuparmi di lui (ma continuo a farlo perché il senso del dovere è più forte), consapevole che non potrei mai tentare nulla contro di lui, prego e spero che qualcosa di brutto gli capiti da sé, magari la SIDS. Se al mattino tarda a svegliarsi, subito penso che la mia speranza si sia realizzata, e al tempo stesso tremo al pensiero di cosa accadrà dopo. Vorrei non averlo mai avuto, vorrei averlo perso nelle settimane di epatogestosi, vorrei darlo in adozione, portarlo in ospedale e abbandonarlo, vorrei che morisse, così la mia vita tornerebbe quella di prima.
La china pericolosa che prendono i miei pensieri mi fa correre ai ripari. Mentre aspetto l'appuntamento con la "mia" dottoressa" inizio a seguire di nuovo la cura che avevo seguito con Chiara, con una differenza sostanziale: mio marito prende congedo e ci porta tutti e quattro al mare. E' il primo maggio 2004. Ho iniziato a stare meglio nel giro di un paio di giorni e il giorno in cui Davide ha compiuto un mese (6/5) ha ricompensato i miei sforzi togliendosi la poppata notturna!

All'inizio ho provato orrore, disgusto di me stessa, per i pensieri che ho avuto, ma procedendo nella cura e quindi nella guarigione, mi sono resa conto che non ero responsabile di quei pensieri: era tutto frutto della psicosi depressiva. Ora, consapevole dei rischi che corro, perché evidentemente sono un soggetto a rischio in questo senso, vorrei comunque avere almeno un altro figlio (non subito), ben sapendo che non appena uscito dalla mia pancia mi conviene iniziare subito la terapia.

mima
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Messaggio da mima »

Hai avuto davvero molto coraggio a parlare così apertamente di un momento così difficile,
Ci son passata anch'io, ma non ho ancora tutto il coraggio che hai tu di parlarne così tranquillamente.
Quella che stai facendo è una cosa importante e mi piacerebbe aiutarti a far sì che diventi un punto di riferimento per le neo mamme, proprio perchè sò cosa vuol dire.
Brava.

Micky

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topoLINDA
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Messaggio da topoLINDA »

brava sarah, bel post , sono felice di contribuire con la mia esperienza.

la mia depressione è iniziata con la gravidanza (voluta). per tutti i nove mesi sono stata triste e malinconica, ero sempre stanca (cosa normale) e non avevo interesse o voglia di fare niente.
l'unico momento bello che ricordo di tutta la gestazione è stato il parto, che ricordo con simpatia perchè le circostanze ne hanno fatto un momento davvero divertente e di scarsa sofferenza fisica per me.
il momento della nascita però non ha scatenato in me alcuna emozione mentre in ospedale ero circondata da altre mamme in delirio per i propri bimbi e per questo mi sono sentita in forte imbarazzo.

a casa è stato peggio. avevo gli operai ed avevo traslocato in una casa che che non sentivo mia da 5 giorni. l'allattamento era un casino, linda poppava spessissimo, faceva un caldo insopportabile. ho cominciato a non riuscire a riposare, non ho dormito per molti molti mesi. allattando però non potevo prendere medicinali per cui per 6 mesi ho tirato avanti come ho potuto = di cacca.
aggiungo una cosa: l'amore per mia figlia non è venuto subito (anche di questo mi sono vergognata) ma solo in seguito. all'inizio per me era un'estranea, una persona che non conoscevo, che era diversa dall'immagine che me ne ero fatta... l'amore è venuto :D , ma c'è voluto qualche mese.

a 6 mesi ho smesso di allattare e ho cominciato a prendere sonniferi, un po' così dormivo ma mi sentivo sempre peggio moralmente. tutti mi dicevano che ero solo stanca e stressata ma io sapevo di essere depressa, ci ero già passata anni fa e sapevo che l'apatia che provavo, il disinteresse per OGNI cosa, la voglia di scomparire erano attribuibili solo a questo.
ho riconosciuto senza problemi ne' imbarazzo alcuno il problema che avevo e ho deciso, di mia iniziativa, di affrontarlo. pensavo solo ad una terapia farmacologica, poi mi è stata consigliata anche la terapia psichiatrica, che ho intrapreso insieme ai farmaci e che mi ha consentito, in breve tempo, di riemergere dal baratro.

devo dire che la depressione per me è stata aggravata dallo stare a casa in maternità, praticamente isolata dal mondo esterno, in una casa isolata, in un quartiere nuovo. riprendere a lavorare è stato un toccasana ed ha coinciso temporalmente con l'inizio delle terapie.

vi racconto in breve delle sedute di psicoterapia e di ciò che ne è emerso.
è risultato che sono una persona molto poco indulgente nei confronti di me stessa, ossia molto severa. ho un forte senso del dovere, troppo forte. sono un "bravo soldatino" cioè antepongo il bene degli altri ed il loro desideri ai miei (es. faccio una cosa ad una certa maniera per non dispiacere ai mei, o ai suoceri, dico sì quando non vorrei per non creare questioni, penso troppo a quello che è meglio per fiaglia/marito/parenti/ufficio e troppo poco a quello che è meglio per me) col risultato che mi sento spesso prigioniera di un mondo che non mi appartiene.
la dottoressa mi ha spronato ad essere me stessa, a prendermi spazio per me a discapito di tutti gli altri (compresa mia figlia) SENZA SENTIRMI IN COLPA perché è un mio diritto. mi ha fatto capire che questo desiderio di avere un mondo mio, affari miei, tempo mio non fa di me una mamma assente o cattiva, che lo svago è NECESSARIO, che i desideri che provo sono del tutto NORMALI. mi ha incitato a fare questo viaggio che faremo a dicembre senza linda come affermazione dell'essere me stessa (dove me stessa non coincide con mamma), della necessità di non annullare me stessa nella maternità.
non mi dilugo oltre anche se come capirete la cosa non si conclude qui.
ho preso anche un farmaco, un classico, della depressione per un paio di mesi in dosaggi modesti, oltre ai sonniferi.

in qualche mese se sono uscita, con il sonno ho ancora difficoltà però. ho dormito per un periodo poi ho avuto "ricadute", ora da circa 1/2 mesi dormo, ma avverto sempre la paura latente di non dormire, è una cosa che ti ghiaccia il sangue... brrr

di recente ho provato sensazioni di felicità, spesso per cose banali, che mi fanno pensare di essere ormai fuori dal tunnel... sperém... ho interrotto i farmaci da mesi e la treapia da settembre.

baci a tutte da topoLINDA

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jstarling
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Messaggio da jstarling »

La depressione è una brutta bestia.
Io ci sono passata, ma forse non ne sono ancora uscita.

Fede è stato un figlio desiderato, ma quando è nato non è scattata la scintilla, tra noi.
Forse, e dico forse, xchè NON VOLEVA attaccarsi al seno.
Voltava la testa, inarcava la schiena, si allontanava.
Io cercavo di farlo attaccare, e quelle poche volte che ci riuscivo, lui non succhiava: cioè, teneva il capezzolo in bocca ma non succhiava.
Non aveva il "riflesso di sunzione": sembra incredibile ma è vero.
Per 5 giorni ha DIGIUNATO (era la torrida estate del 2003) e si stava disidratando.
Alla fine ho ceduto: ho preparato un bibe da 30 ml di Humana ….
l'ha DIVORATO!!!
Ho sentio una fitta al cuore.

E poi il caldo: io ho la pressione bassa e soffro da matti il caldo, già in situazioni normali ho 60 - 100..
Immaginate come potevo stare: chiusa in casa con l'aria irrespirabile, senza ventilatori, condizionatori, senza un refolo d'aria.
Uscivo al mattino dalle 7 alle 8.30, e poi di corsa a tappasi in casa fino alla mattina dopo.
Un incubo.

Non è stata una bella estate, quella del 2003. Peccato che fosse quella in cui è nato mio figlio.

L'unica salvezza era uscire, lasciare Fede a qualcuno, e andarmene: dove non aveva importanza, era vitale USCIRE!!
Centri commerciali, piscina, cinema, ovunque, ma lontana da casa!!
In qto modo, stando fuori casa il + possibile, sono riuscita a sopravvivere, ma qto non mi ha aiutato a creare un legame forte con Fede.
Lo stare con lui è stato associato alla prigione, al senso di claustrofobia, alla voglia di scappare.
E lui non si è legato a me, ma neanche ad un'altra persona in particolare, xchè le anime pie che stavano con lui cambiavano frequetemente.
Poi a settembre (Fede non aveva ancora 3 mesi) ho ripreso il lavoro, e ho preso una baby sitter full time.

Adesso Fede ha quasi 18 mesi, e devo dire che preferisco di gran lunga una giornata al lavoro che una giornata da trascorrere interamente con lui: al venerdì pom. mi viene la morte al pensiero del weekd che sta per arrivare e al lunedì, seppure stremata, sono pimpante ed euforica in vista della settimana.

Gli voglio bene, ma più di 3 ore consecutive da sola con lui non le reggo.

Questa è depressione o è un dato caratteriale?
Non sono portata per i bambini o sono ancora malata?

Se qualcuna vuole parlare in privato mi mandi pure un mp.

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topoLINDA
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Messaggio da topoLINDA »

jstarling,
ma sei sola a crescerlo o hai un marito/compagno?

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jstarling
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Messaggio da jstarling »

Ho un marito, che mi aiuta molto con il bimbo.
Ma anche lui nn ama particolarmente i bambini e quindi nn mi è d'aiuto nell'uscire da qta situazione claustrofobica.

Molte (troppe?) volte fuggiamo insieme, per ritagliarci una giornata senza Fede, e il "brutto" è che nn ci sentiamo in colpa, anzi, per molte ore ci "dimentichiamo" di avere un figlio, poi quando si deve tornare a casa, ci prende una tristezza .....

Io nn ho mai avuto la tentazione di fare del male ad Fede (almeno qto!) ma di abbandonarlo ... sì.
Mi costruivo mentalmente un piano, per andarmene quando era x esempio accudito dalla nonna.
Io avrei preparato in segreto le valige e me ne sarei andata x sempre, a 1000 km di distanza, e mi sarei rifatta una vita, incominciando da zero.

Non so cosa mi ha trattenuto dal farlo davvero.
Forse, solo il dolore immenso e devastante che avrei provocato in mia madre.

crisss
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Messaggio da crisss »

Scusate, ho paura di andare fuori tema. Ma come si distingue la stanchezza-stress dalla depressione?
Io ho avuto subito la sensazione di essere inadeguata e di non saper badare a mia figlia, ma penso che sia comune a molte mamme. E la paura "inconscia" che le persone più esperte mi "rubassero" mia figlia proprio per questo motivo (ho cercato di allattare il più possibile anche se di latte ne usciva proprio poco per sentirmi una persona "speciale", per darle qualcosa che gli altri non potevano darle). Per questo non volevo aiuti se non da mio marito (inesperto anche lui), dormivo pochissimo (2-3 ore non continuative) e stavo tutto il giorno da sola con la bimba che piangeva e non dormiva quasi mai. Fino a qui potrebbe essere tutto normale, solo che spesso io avevo il forte desiderio di sbatterle la testa contro qualcosa di buttarla dal balcone (con me dietro) o di soffocarla. E solo il gesto di sbatterla da qualche parte invece di recarmi un sollievo mi faceva venire voglia di farlo sul serio. Quando sono arrivata alle tre crisi di pianto al giorno (4 mesi e mezzo) abbiamo fatto i bagagli e siamo andati da mia mamma. Lì ho dormito il più possibile e in un paio di settimane mi è passato.
Ho sempre negato che si trattasse di depressione, ma adesso il dubbio mi viene. Ogni volta che mio marito tornava a casa e ci vedeva tirava un sospiro di sollievo.
Ancora ho dei momenti in cui mi "scoccio" e non ho voglia di occuparmi di lei però sono passeggeri, ci mettiamo a giocare e mi passa l'apatia. Probabilmente è dovuto al fatto che sono tornata al lavoro e non devo passare tutta la giornata da sola con lei (per inciso, la amo più di me stessa e ne sono sempre stata consapevole).
Ma forse la depressione è qualcosa di più complicato che non si cura con due settimane di sonno.
Sono d'accordo che ci vorrebbe più informazione.

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Messaggio da topoLINDA »

non sono persona da fare diagnosi perchè sono già abbastanza squilibrata di mio però propendo per l'ipotesi che tu (come me) non sapessi a cosa andavi incontro avendo un figlio e che, avendo provato cosa significa, tu ti senta in catene. mi sa che la depressione non c'entra o meglio quella sarà intervenuta a complicare le cose ma forse di fondo c'è un desiderio di libertà che avere un figlio necessariamente tarpa. in + tuo marito la pensa come te mentre il mio all'opposto.
io non ho mai provato il desiderio di scappare (amo profondamente linda e ho troppo senso del dovere) ma spesso mi sento in catene. quando mi capita di non avere voglia di stare con lei ( e capita) mi sento una stronza.

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Messaggio da mima »

Crisss, secondo me era o è depressione.
Ho provato i tuoi stessi sentimenti, le tue stesse "tentazioni", le tue stesse paure.
Lo stress, secondo me, non ti porta a pensare certe cose.....
Ora sta a te capire se "ci sei ancora dentro" o se ritieni di esserne uscita, parlane apertamente, con noi, con tuo marito o con un medico di fiducia, ma l'importante è che tu capisca come ti senti e cosa provi.
Un abbraccio

Micky

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meli
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Messaggio da meli »

Vi racconto un po'...
Nicolò è stato più che desiderato, in particolare da me, ed è arrivato grazie a calcoli cervellotici e paranoici (temperatura, muco…che ossessione!). Gravidanza perfetta e parto da manuale.
Ma ho sempre messo in conto che avrei potuto soffrire di depressione perché già 8 anni fa ne ho sofferto a causa di una intossicazione da farmaco, e questo perchè sono un soggetto predisposto; infatti ne hanno sofferto mio nonno e mia madre (nascondendola egregiamente). Nonostante non fosse una sorpresa, mi ha colto comunque impreparata a 2-3 settimane dal parto: mio marito era tornato a lavorare dopo le ferie e per quanto cercassi di uscire anche con la pioggia e andassi almeno 4 volte a settimana a pranzo dai miei, le lacrime sono arrivate.
Prima nascoste, poi con mio marito e infine con mia madre che da tempo temeva/aspettava il momento ed aveva già pronta la ricetta di un prodotto omeopatico (inutile che vi dica quale, non mi ha aiutato molto). C'è anche da ricordare l'insonnia di cui soffro da quell'intossicazione di 8 anni fa e che sommata alle poppate notturne mi rendeva molto fragile emotivamente di giorno. Piangevo senza riuscire a trattenermi, mi odiavo per questa incapacità di razionalizzare.
Qualche volta ho dormito da mia madre, lei teneva Nicolò e me lo portava solo per le poppate, mi sembrava un sogno.
Lui mangiava e cresceva bene, ma piangeva spesso di giorno e io non capivo mai il motivo, così scappavo fuori casa per farlo stare buono, entravo in ascensore magari con la camicia ancora aperta e le scarpe in mano per la fretta di farlo smettere (ah, se potessi tornare indietro...quante volte chiedeva disperatamente solo di essere addormentato e io invece cercavo di distrarlo, averlo capito prima!).
Mi sentivo sempre tanto sola e poi quelle lunghe giornate invernali sempre uguali, quelle eterne poppate ogni 3-4 ore, i disperati tentativi di addormentarlo di giorno fra le sue urla; e mi mancava tanto lo sport, l'ho sempre amato; ogni tanto riuscivo a conquistare 1 ora per scappare in piscina a fare una nuotata...e quanto stavo bene, da sola, senza la responsabilità di un neonato!
Alternavo momenti di disperazione in cui vedevo solo il buio davanti a me, vivevo la maternità come una prigionia da cui non sarei mai uscita, la fine della libertà, della spensieratezza, a momenti di tranquillità, ma questi erano sempre troppo pochi e mio marito si sentiva impotente perchè non era in grado di rendermi felice.
Non saprei dire quanto è durato, forse 4-5 mesi, finchè mi sono freneticamente ad organizzare cose senza avere un attimo di respiro: il battesimo di Nicolò a giugno, il nostro matrimonio a luglio con contemporanee pressioni al tribunale perchè si trascrivesse presto il mio divorzio precedente, la caccia all'asilo nido (ne avrò visti almeno 15).
Mi riempivo la giornata per non stare sola.
Poi finalmente l'estate, il trasferimento dai miei al mare (un po' noioso, ma finalmente non più sola), la vacanza in montagna e poi a settembre il nido e il ritorno a lavoro.
Eccomi qui, 11 mesi dopo, con tanto rammarico per non aver saputo amare Nicolò da subito, per non aver saputo godere di lui, per non aver saputo sacrificare serenamente qualche mese di vita per lui.
Adesso mi sento diversa, ancora un po' troppo ansiosa, ma più equilibrata, forse anche più matura e, soprattutto, ho saputo innamorarmi di lui.
Spero che Nicolò abbia cancellato dai suoi occhi la triste immagine della mamma che lo allattava bagnandogli di lacrime il viso e ricordi per sempre il sapore di quei baci, il calore di quegli abbracci ancora incerti che nascondevano il germoglio di un amore che presto sarebbe sbocciato intenso, profumatissimo ed ETERNO!

Grazie per avermi permesso di ricordare!
Stefania

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pilly75
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Messaggio da pilly75 »

Vi racconto anch'io, anche se ho paura di essere ot.

Premetto che Lorenzo è stato desiderato, la gravidanza è stata bellissima, mai un problema, a parte qualche contrazione, mi sentivo proprio benone con il pancione e mai avrei pensato che fosse così difficile gestire un figlio...

Lorenzo è nato 8 gg. dopo il termine previsto, con tc d'urgenza dopo 8 h. di travaglio; qs. è stata la prima sconfitta, non riuscire a partorire naturalmente, come ho sempre immaginato, prendere il mio bimbo tra le braccia ed essere insieme a mio marito.
Il tc è stato un trauma, ho sofferto dolori atroci e ho rifiutato subito di attaccare il bimbo al seno, stavo troppo male e attribuivo tutta la colpa a lui.

Tornata a casa mi sentivo un rottame, avevo la lavatrice rotta, il tecnico è venuto 2 volte e non riusciva ad aggiustarla, la bilancia x pesare il bimbo che faceva schifo, io che avevo ancora i postumi del tc, soffrivo tantissimo il sonno perso di notte.
C'era mia mamma sempre presente tutte le mattine, ma io mi sentivo maledettamente sola.
Mio marito lavorava part-time x l'occasione e, invece di rimanere a casa ad aiutarmi, andava ad aiutare mio cognato che stava ristrutturando la sua casa.
Poi, quando Lorenzo aveva 10 gg. è iniziata la febbre a 38-39°, che mi ha accompagnata x 20 gg.
Il bimbo urlava e io lo strattonavo, stavo male, volevo tornare indietro e non aver bambini...
Poi mi sono accorta che Lorenzo piangeva x' avevo poco latte e lui aveva fame, così ho iniziato con le aggiunte di LA.
Che bello, qualsiasi persona poteva dare i bibe a Lorenzo e io potevo andare in giro... invece la febbre è tornata.
Non vi dico quanto ho pianto.
Ero sempre a casa, vedevo sempre le stesse cose guardando dalla finestra, la magnolia, la casa di fronte, .... le giornate erano lunghe ed io sempre in casa.
Mio marito, invece di consolarmi, mi diceva che sono una "piansottona" (nel nostro dialetto, è una che continua a piangere), così x piangere tante volte mi nascondevo o aspettavo di essere a casa da sola.
Nessuno mi capiva, purtroppo e io mi vedevo in un tunnel senza uscita.

Poi, passato il primo mese di vita, sono uscita la prima volta x andare in farmacia DA SOLA, mi sembrava un sogno, mi sembrava di andare in paradiso.
Ho incontrato una mia compagna di corso preparto, che mi ha raccontato anche lei la sua storia di depressione; siamo rimaste a parlare più di un'ora, che bello, mi pareva di non uscire di casa da secoli.
Così ho deciso di smettere di allattare (era il latte che causava la febbre, che è sfociata in mastite) e di iniziare completamente con l'artificiale.

HO INIZIATO A RIVIVERE, ad amare profondamente il mio bimbo e a saperlo gestire.
Ora sono felicissima, Lorenzo ha 4 mesi, non ho ancora ripreso ufficialmente a lavorare, anche se un pomeriggio la settimana vado in ufficio e lascio Lorenzo alla nonna. E' un'occasione x passare un po' di tempo da sola.

Se sono andata ot, vi prego di scusarmi.
Grazie, Giorgia

eli75
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Messaggio da eli75 »

Allora, che brutti ricordi....Premetto che purtroppo avevo già sofferto in passato di depressione e ho avuto problemi di anoressia nervosa prima di rimanere incinta di Elena, quindi non mi sarei dovuta lasciare prendere alla sprovvista, ma non è stato così.
Gravidanza non proprio tranquillissima a causa dell'esito del test integrato (possibile spina bifida) e mio enorme spavento; ero terrorizzata che mia figlia potesse avere qualche problema e le eco di II livello, pur non riscontrando problemi, nemmeno li potevano completamente escludere. Parto meraviglioso nonostante il lungo travaglio, da me vissuto con inaspettato ottimismo (non è proprio da me :lol:), e finalmente mi ritrovo con mia figlia tra le braccia, una meravigliosa e sanissima bimba, la mia bellissima bimba...ed è lì che inizia il "dramma": mi sento incapace di tutto, di vestirla, cambiarla, persino di medicarle l'ombelico...lei contribuisce dormendo pochissimo sia di giorno che di notte e piangendo parecchio...insomma, nel giro di pochissimi giorni mi ritrovo in piena depressione, che dall'inizio non accetto e solo dopo insistenze di mia madre (che mi conosce meglio di me stessa) cedo e mi rivolgo al mio neurologo. Non so come avrei fatto senza di lui...prima di tutto cerca di cancellare i sensi di colpa che mi opprimevano, la sensazione di essere una cattiva madre, e con una cura adatta riesco pian piano a riprendere a VIVERE. Oltretutto, con mia grande soddisfazione e grazie al meraviglioso pediatra di Elena continuo ad allattare, riuscendo a trovare un farmaco compatibile appunto con l'allattamento. Non tutto fila liscio da quel momento, perchè purtroppo Elena continua a farmi passare notti insonni fino all'anno, ma inizio a vedere l'uscita del tunnel. Con il ritorno al lavoro (Elena ha 6 mesi e mezzo) le cose migliorano ancora: "distrarmi" per qualche ora ogni giorno mi fa veramente bene, inizio ad apprezzare il "resto del mondo", capisco che oltre a mia figlia c'è qualcos'altro, seppure lei rimane al centro della mia vita.
Oggi va bene (ho smesso da poco la cura, senza il permesso del neurologo :oops: ) e ripenso a quei primi mesi come ad un periodo che avrei potuto godermi molto di più, se solo avessi saputo accettare mia figlia e me stessa senza pretendere troppo...dimenticavo infatti che per parecchio ho categoricamente rifiutato l'aiuto di tutti, non accettando neppure una mano in casa da parte delle nonnne, che tanto volentieri si sarebbero prestate (a se solo tornassi indietro, quanto "delegherei", quanti panni in meno stirerei :lol: ).
Purtroppo quando la si vive si crede che non se ne uscirà mai, bisognerebbe riuscire a pensare che sicuramente se ne esce, non è facile, ma se ne esce...
La cosa che oggi mi fa più soffrire, ripensando a quel periodo: l'aver pensato e anche detto, in un momento di disperazione, che io quella figlia non la volevo... :cry: E pensare che adesso non potrei vivere senza di lei...purtroppo la depressione ti impedisce di essere lucida :(

Scusate il papiro...è stato uno sfogo molto utile :wink:

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sarahbdm
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Messaggio da sarahbdm »

Allora, con le eesperienze che avete avuto il coraggio di raccontare possiamo già tirare un piccolo bilancio di elementi comuni a tutte.
Innanzitutto i pianti, che inizialmente si cerca di nascondere a chi ci sta vicino, con l'unico risultato di sentirsi sempre più sole e incomprese.
Poi il disagio, il senso di inadeguatezza, di incapacità ad occuparsi dei propri figli, che per alcune si spinge fino al desiderio di scappare.
Come alcune di voi, anch'io ho trascorso un certo periodo a casa di mia madre e la notte era lei a occuparsi di Chiara. Io però non dormivo ugualmente e anche quando qualcuno mi teneva la piccola e mi permetteva di uscire non riuscivo assolutamente a staccare, a pensare per un attimo a me stessa, a rilassarmi.
Come avete detto bene voi, mi sentivo prigioniera, odiavo il momento in cui avevo tanto desiderato un figlio e avrei voluto tornare indietro, alla spensierata vita di coppia.

mima
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Messaggio da mima »

Provo a descrivere la mia esperienza, ma la mia vergogna personale è così tanta che mi sforzerò moltissimo per riuscirci.
Il mio primo scottone è arrivato in ospedale: la mia compagnia di stanza aveva la montata lattea dopo 2 giorni, io son tornata a casa che ancora avevo solo il colostro e quando mi son sentita dire "Signora, mica ci sfama un figlio con un pò di colostro" dall'ostetrica del nido mi è arrivata una mazzata tra capo e collo.
A casa non mi fermavo un secondo: VOLEVO che tutto fosse perfetto, pulito, ordinato, a portata di mano, preciso, tutto doveva essere perfetto, perciò non mi fermavo MAI, anche quando non c'era nulla da fare...mi inventavo l'impossibile pur di non star ferma.
Mi trascrivevo ogni cosa: le poppate, le pesate, le dormite, quanti pannolini, quante cacche, quanta pipì...tutto pur di sentirmi "sicura di quel che facevo", volevo avere la situazione sotto controllo.
E proprio per questo motivo non accettavo aiuto da nessuno, avere gente in casa non mi avrebbe fatto sentire padrona della situazione.
Inevitabilmente è arrivata la stanchezza, tanta, infinita, ma l'angoscia di chiudere gli occhi e non sentire il bimbo piangere era tanta, così non chiudevo gli occhi mai, nè di notte nè di giorno, nemmeno se c'erano il marito o mia madre a badare al pupo.
Avevo l'ossessione di avere tutto sotto controllo e la cosa mi sfibrava.
La mancanza di sonno e la stanchezza, poi, mi han portato a deprimermi...non volevo nessuno a casa, staccavo il telefono, insomma...mi isolavo dal mondo.
Ed isolandomi sono arrivati i brutti pensieri....quelli che ti segano le gambe....volevo che tutto finisse, volevo tornare libera, alla mia vita, a mio marito, alle mie ore e ore di tempo libero...ma come potevo fare?
Già...come si può tornare indietro?
Ricordo che una volta mi sono alzata dal letto e mi sono diretta verso la scatola dei medicinali, volevo che tutto smettesse.
Mi sentivo tranquilla, tanto Ale aveva un buon papà e dei bravi nonni.
Di me non ce n'era bisogno, non ero indispensabile, anzi, in quello stato non ero d'aiuto a nessuno.
Poi mi son fatta coraggio, ho deciso di andare dal mio medico di base (un angelo, gli devo veramente tantissimo), sono entrata nel suo ambulatorio praticamente delirando, tremavo, piangevo.
Lui mi ha fatta sedere, mi ha guardata negli occhi e mi ha detto "Tranquilla, ci penso io".
Non ho dovuto dire nulla, mi ha solo fatto piangere non sò nemmeno per quanto tempo, mi ha coccolato e mi ha fatto piangere.
Ed ero contenta di piangere, POTEVO farlo perchè LUI mi capiva.
Mi ha prescritto delle gocce omeopatiche (per quel che ne sò potevano anche essere puramente acqua ma non lo voglio sapere), una cura di 10 giorni circa e PIANO, molto piano, ne sono uscita.
O meglio, sono uscita dalla fase più dura.
Ricordo che quella sera, quando sono uscita dal suo ambulatorio, non volevo tornare a casa, ovunque tranne che a casa.
Sono stata seduta un'ora, al freddo e al gelo, sulla rampa delle mie scale perchè non avevo il coraggio di aprire quella porta: voleva dire tornare da lui, tornare allo stress, alla fatica ed io non volevo.
Da quando ho iniziato la cura ho cominciato a star meglio.
In tutto, dalla nascita di Ale al momento in cui mi son decisa di farmi curare, erano passati, circa, un paio di mesi.
Non mi son sentita capita dal marito, lui all'inizio ci provava, ma non riusciva a capire COME potessi provare certi sentimenti, COME volessi tornare indietro, COME non volessi aver mai partorito, COME preferissi dare Ale in adozione che tenerlo io.
Ma fortunatamente ho avuto un buon medico che mi ha saputa aiutare.
Ho deciso poi di dare una smossa alla mia vita, ho cominciato a far venire gente in casa, a farmi accompagnare nelle mie uscite con il pupo, ogni giorno DOVEVO fare qualcosa...che si trattasse di andare a prendere il pane o di andare in farmacia ma DOVEVO uscire di casa, ed è stata la mia salvezza.
Ho ricominciato a vivere.
Sinceramente mio figlio ho cominciato ad amarlo tardi, lui aveva 13-14 mesi.
E mi dispiace, mi dispiace aver perso tutti quei mesi.
E' una cosa che mi pesa e mi fà soffrir tanto, ogni volta che ci penso.
Dovessi avere un secondo figlio mi farei curare molto prima, non perderei tempo.

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